Sappiamo tutti che a fare la differenza, durante l’alluvione a Vicenza dei giorni scorsi, sono stati i bacini, che hanno alleggerito la portata altrimenti drammatica dei fiumi.
In particolare, il Bacchiglione ha mostrato l’importanza capitale degli investimenti fatti negli anni passati. Ma intere aree del territorio vicentino, nel capoluogo e attorno, hanno mostrato preoccupanti fragilità. Specie di fronte a una crescente estremizzazione dei fenomeni meteorologici, che deriva anche dal cambiamento climatico.
Sappiamo già cosa serve fare. Serve trovare le risorse per finanziare e realizzare le tante opere che ancora, oltre 13 anni dopo l’alluvione catastrofica del 2010, mancano. L’elenco è noto, in primis alla Regione che l’ha compilato con gli esperti e i territori. La cassa di espansione sul Piave e il bacino di Meda da 7 milioni di metri cubi di acqua. E poi quelli, non meno importanti, sulla Dioma a Monteviale e sul Tesina a Torri di Quartesolo. E serve approfondire la nuova problematicità del Retrone.
Le stime dicono che servono almeno 1,2 miliardi di euro. Sono tantissimi soldi, ma è proprio qui che la Regione deve dimostrare la sua capacità di interloquire con autorevolezza con Roma.
Si sa: in Italia investiamo sulla sicurezza del territorio solo sull’onda delle emergenze. Prima che il ricordo di pagine così pesanti svanisca bisogna accelerare: non c’è altro tempo da perdere.