La maggioranza alla Camera ha approvato l’autonomia differenziata. Lo ha fatto in fretta e furia, in una seduta fiume notturna, scavalcando ogni obiezione delle opposizioni. Questa riforma, pur partendo da una legittima rivendicazione, nasce quindi già con un vulnus grave: non è stata condivisa e opportunamente discussa con tutto il Parlamento. L’obiettivo dell’approvazione è stato posto prima di tutto, per ragioni puramente politiche, di propaganda. E già da questo emergono tutti i limiti di questo nuovo progetto di autonomia.
Un progetto che si tradurrà in un’estrema frammentazione, delegando alle regioni materie fondamentali, quali la scuola, il commercio estero, i trasporti, le grandi infrastrutture di comunicazione che non solo devono restare a guida unitaria nazionale, ma piuttosto dovrebbero spostarsi sempre più in ambito europeo, se davvero il nostro Paese vuole essere in grado di fare la differenza.
Infine, il tema delle risorse, che come al solito non sono sufficienti a garantire pienamente i livelli essenziali delle prestazioni, con conseguenze gravissime per il tessuto sociale e la tenuta dei territori. Insomma, questa riforma, nei metodi e nel merito, rischia di essere o una scatola vuota che non verrà mai tradotta in pratica; o, se venisse concretizzata così com’è oggi, un pasticcio che finirebbe col danneggiare l’Italia tutta. Davvero un peccato e un errore, anche per chi come me crede nella sussidiarietà e nelle forme intelligenti ed efficaci di autonomia.