10 anni fa, il 3 ottobre 2013 a largo di Lampedusa, avveniva uno dei naufragi più terribili della nostra storia. Morirono 368 persone fra uomini, donne e bambini, e quel lutto drammatico scosse l’Europa e il nostro Paese.
10 anni dopo, non molto è cambiato: si continua a morire nel Mediterraneo, al largo delle nostre coste. La politica lancia slogan e cavalca la paura, raccontando gli sbarchi come un’inarrestabile emergenza da contrastare ad ogni costo, nei fatti incapace di affrontare il fenomeno migratorio con politiche lungimiranti ed efficaci. Nel frattempo l’Europa è sempre più divisa e incapace di reagire, stretta fra chi chiede accoglienza, chi vuole i muri e chi non sa far altro che voltarsi dall’altra parte.
Basta aprire un giornale, ancora in questi giorni: l’accordo tanto sbandierato dalla Presidente del Consiglio fra il governo italiano e quello tunisino si dimostra un fallimento, con il passo indietro della Tunisia, che ha rifiutato i fondi UE definendoli “irrisori”.
Lo scontro con la Germania, alleato storico anche su questi temi, vive un’escalation gravissima, mentre la destra, complici le vicine elezioni, continua a strizzare l’occhio ai sovranisti, da sempre contrari a qualsiasi accordo comunitario sul tema migranti.
Dietro a questo brusio, dietro alla propaganda, dietro ai toni vergognosi che sempre più affollano la nostra opinione pubblica, uomini, donne e bambini continuano però a partire e a morire nel Mediterraneo, abbandonati al proprio destino da un’Europa sempre meno all’altezza dei propri valori.